La tipica domanda di chi inizia un business su Instagram
- Viviana Cimino

- 9 set 2022
- Tempo di lettura: 4 min
Vi avviso non è un tutorial come sembrerebbe. O meglio, non è quel tutorial lì!
La tipica domanda di chi inizia un business su Instagram è “qual è l’ora migliore per pubblicare?" Beh questa domanda, che mi viene ripetuta quasi ogni giorno da circa 8 mesi, devo dire mi ha risolto molte moltissime questioni.
Perché vi chiederete? Sei sarcastica mi chiederete? Beh, no! Sono seria seria.
Partiamo dal presupposto che alla fine a questa domanda mi sono risposta, e la risposta che mi sono data è “a che ora ti pare”.
Quando vuoi, quando puoi, quando hai qualcosa da dire, per davvero. Io ad esempio sono ispirata (da sempre, nel senso proprio da quando ho memoria) la sera tardissimo, la notte. Muoio di sonno ma sento che ho qualcosa da dire, un flusso che parte nella mia testa attraversa il cuore e nulla alla fine prendo il telefono e sulle mie benedettissime note di Keep faccio sfogare questo flusso. Adesso, ad esempio, mi si chiudono gli occhi ma sono qui a scrivere per voi. Perché ora sento che ho qualcosa da dire.
La notte la mia mente è nel suo ambiente naturale: silenzioso, solitario, quieto e riservato. Riesco a sentire i miei pensieri spontanei e naturali, talmente naturali, corrispondenti al vero (il mio vero) e combacianti con la mia personalità che sono perfetti, non devo nemmeno riguardarli.
Dandomi la risposta a questa domanda ho iniziato a pormene delle altre. Ovviamente.
Ho avvertito un senso di liberazione. Ho capito che parlo alle persone come me, che la notte trovano il tempo di leggere o ascoltare. Quando e se gli va. In purezza. Mi sono ricordata che l’algoritmo (il quale inutile sottolinearlo, non ce l’ha con nessuno proprio, questo ficcatevelo in testa) è nato per darci una possibilità che noi uomini e donne di questo amaro pianeta abbiamo chiaramente trasformato in una schiavitù.
Diamo all’algoritmo una colpa solo nostra. La colpa della nostra povertà comunicativa. Della nostra aridità sociale.
Diamo all’algoritmo la colpa di pochi like o followers e lasciamo indietro le persone che stanno lì la notte (o il giorno :-)) aspettando che qualcuno gli parli.
Abbiamo perso il senso dell’affrontare le cose. Il senso di paura per quella dose di coraggio che manca nel parlare con le persone che non conosciamo. Abbiamo perso la timida vergogna di porre una domanda. Abbiamo perso la calma, il fare le cose piano. Corriamo dietro a stories di 15 secondi e reels di 15 o 30 secondi nel tentativo che qualcuno ci trovi.
Che poi per carità, io amo questi strumenti, ma sono strumenti. Non possono rappresentare una persona o un professionista.
Ci siamo trasformati in content creators per non prenderci le responsabilità di una azienda, quando da sempre, i professionisti dei vari settori, hanno indottrinato e cresciuto professionalmente i meno esperti.
Abbiamo perduto la gioia di parlare bene l’italiano che è una lingua stupenda, abbiamo perso il peso di una laurea, un dottorato o meglio ancora di anni di gavetta… tanto c’è Instagram, puoi avere lo stesso “l’abbondanza”.
Abbiamo perso la gelosia per il nostro know how. Abbiamo perso il gusto di mantenere per noi una scoperta per una manciata di followers in più.
Abbiamo perso il senso che solo il duro lavoro può dare. E che mai darà il lavoro da nomade digitale. Quel senso di appartenenza alle persone ed ai luoghi. Quel senso di gelosia per le cose che “sennò si perdono” e che “sennò si rovinano”.
Abbiamo perso il senso del dovere e del sacrificio sacrificio, che improvvisamente per ogni piccolo traguardo regala gioie immense e qualche lacrima. Abbiamo perso la paura di non avere e di avere meno “perché tanto lavoro, me lo merito” (annegando ogni senso di colpa ed assenza verso noi stessi ed i nostri figli o cari nelle cose inutili che compriamo). Abbiamo, per me, perso ogni contatto con la realtà.
Ti diranno sii te stessa, cerca dentro te.
Gioisci dei piccoli traguardi. Sii grata.
Io da 8 mesi ho fatto una scelta diversa. Ho interrotto un circolo vizioso di insoddisfazione e dolore. Ho interrotto una storia (in)felice dove non mi mancava nulla… tranne quello che mi serviva davvero. L’ho trasformato in qualcosa di autentico. L’ho trasformato nella gioia di svegliarmi ed amare ogni giorno. L’ho trasformato nelle notti insonni per la paura di non guadagnare, e restare senza un centesimo.
L’ho trasformato nel “faccio da me, così imparo e risparmio”. L’ho trasformato in “per adesso va bene così” e l’ho trasformato nel stare qui a scrivere a voi invece di fare shopping compulsivo su Zara (malattia da cui si guarisce molto lentamente). L’ho trasformato in mi sveglio presto e faccio un po’ di sport, l’ho trasformato in mangio meno carne perché fa bene al pianeta dei miei bambini.
Allora sai che ti dico anche io: scegli il tuo futuro. Qualunque esso sia, scegli tu. Solo allora sarai te stessa, cercherai dentro te. Gioirai dei piccoli traguardi. Sarai grata. Solo il sacrificio ti restituirà questa beata autenticità.
E le persone, quelle vere dietro ai followers, con i loro account fatti di nomi, storie e meraviglie, non sono mica ingenue. Le persone scelgono l’autenticità. Scelgono la verità. Scelgono chi sa mantenere una promessa. Le persone ti aspettano, alla notte, per leggere cosa avevi da dirgli. E di tutto ciò, all’algoritmo, non gliene frega proprio niente.
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